Nel corso delle ultime settimane, con l’avvicendarsi delle elezioni politiche del 4 marzo, sono state formulate moltissime proposte nell’ambito dello sviluppo energetico e ambientale, e quasi tutte contengono la parola Smart City.
Insomma, tutti ne parlano, ma sono ben pochi quelli che ne hanno ben chiaro il reale significato.

Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza incominciando dal principio: cosa sono le Smart Cities?
Darne una definizione riduttiva sarebbe fin troppo semplice, in quanto l’appellativo smart può estendersi a moltissimi settori che riguardano lo sviluppo di una città.
Letteralmente, Smart City si traduce con città intelligente ma in italiano l’aggettivo intelligente può risultare fuorviante. Spesso, erroneamente, questo aggettivo viene associato al concetto di digitale.

Difatti, una città digitale sfrutta i sistemi ICT (Information Communication Technology), sia wired che wireless, consentendo in tal modo di mettere in collegamento la dimensione urbana (tangibile) alla dimensione virtuale (intangibile). Così, si può promuovere la condivisione dei dati (open data) e, contemporaneamente, lo sviluppo di strumenti di e-democracy che favoriscano la comunicazione ed il coinvolgimento attivo dei cittadini nelle decisioni collettive.
Sebbene questi risultati, da soli, siano di per sé un grande traguardo, essi costituiscono soltanto una minima parte degli obbiettivi raggiungibili grazie ad una Smart City.

Il concetto di città intelligente, in senso lato, è molto più ampio: vengono considerati, infatti, tutti i fattori che contribuiscono allo sviluppo di una città, migliorando la qualità della vita dei suoi abitanti e gestendone, in modo saggio, le risorse attraverso una politica di governo partecipativo.

Detto ciò, è lecito affermare che una città intelligente è quella in grado di offrire ai suoi abitanti la possibilità di usufruire di servizi ed infrastrutture altamente efficienti e tecnologiche; è una città orientata all’economia circolare, ovvero al recupero e riutilizzo di materie prime seconde, affinché venga drasticamente ridotto l’abuso di nuove risorse naturali. Dal punto di vista sociale, inoltre, una Smart City valorizza il ruolo del capitale umano, permettendo ai cittadini di prendere parte a comunità interessate ed attive nelle decisioni di pianificazione urbanistica e territoriale. Diventano, dunque, in quest’ottica, fondamentali quelle iniziative (come la progettazione partecipata e la consultazione on-line) che consentano ai cittadini di percepire un reale cambiamento in relazione alle decisioni che li coinvolgono.

Eppure, questi sono soltanto alcuni degli aspetti che descrivono una Smart City, in quanto l’argomento è talmente ampio e ricco di sfaccettature che cercare di racchiuderne ogni suo aspetto in un solo articolo sarebbe troppo riduttivo.

Secondo la classifica Smart Cities Index 2017, creata sulla base della raccolta dati realizzata da EasyPark (gruppo svedese guidato da Johan Birgersson), l’Italia, purtroppo, non fa parte della top ten. Soltanto Milano, Torino, Roma e Napoli riescono a guadagnarsi un posto fra le prime 100 città intelligenti del mondo. Sul podio svetta Copenaghen, seguita a ruota da Singapore e da Stoccolma.

Secondo quanto scritto sul rapporto di EasyPark: «l’indice è stato messo a punto sulla base di dati forniti dalle Nazioni Unite e dalla Commissione Ue, che riguardano oltre 500 città nel mondo sulla base di 19 parametri fra cui mobilità, sostenibilità ambientale, innovazione (vedi alla voce startup) e digitalizzazione.»

Più in particolare, la classifica mette in evidenza come diversi stati del Nord Europa mettano in campo politiche energetiche decisamente più orientate all’efficienza energetica ed allo sviluppo sostenibile rispetto al nostro caro bel Paese, ancora una volta troppo indietro rispetto al mondo occidentale.

Per concludere, è facile intuire come l’urbanizzazione sostenibile sarà oggetto di parecchie discussioni, specialmente politiche, nel corso degli anni a venire, e l’Italia non potrà né dovrà farsi trovare impreparata.


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